Il libro dei funghi (e di mio fratello)
di Sandro Campani
“Ci sono valli da tanto, e valli da poco. La nostra è una valle da poco. Non ha montagne famose, né meraviglie lampanti.”(pg.3)
Eppure, seguendo i passi dell’autore che per conto suo segue i passi del fratello Pietro, entriamo in quei boschi dell’Appennino tosco-emiliano, in cui niente è da poco. “Quest’anno, tutti i giorni che potrò, … ho deciso che andrò in giro con il mio fratello per i boschi. E’ il modo che ho di sopire il magone, e di non ammazzare qualcuno.”(11)
Con un linguaggio leggero, quasi oralmente narrato, Sandro Campani ci tira dentro questo mondo fatto da infinite particolarità. Lo accompagniamo durante le stagioni, imparando a distinguere gli alberi, i fossi, i sentieri, le buche fatte dai cani, le tracce nascoste di altri cercatori–rivali o di animali selvatici; a riconoscere gli indicatori per la presenza di funghi o tartufi, in basso oppure in alto. Ascoltiamo storie che sono diventate leggende e come tali appartenenti a tutti, come lo smarrimento di Gino nella nebbia o le raccolte fantastiche nei boschi svedesi, ricordi di avvenimenti e incontri fatti e non fatti in certi luoghi; frasi dette e parole create del lessico familiare. Nomi e sopranomi; dialetti che distinguono gli abitanti di un versante da quelli dell’altro.
Oltre il bosco, ma sempre parte di esso, i cani: “La Chicca è slanciata, ha il muso malinconico e allungato, una grande dolcezza nel porgerti il tartufo”, mentre “la Dea ha un muso irriverente, è disattenta e scomposta … scopre il tartufo ma poi non finisce il lavoro”.(17) ”La Biba è un porcellino travestito, con le zampe corte rispetto al busto grassoccio … trova il tartufo, ma lo tiene in bocca …”(18). Saper leggere il cane, altra qualità indispensabile e altro argomento importante del libro.
L’infanzia di Sandro è sempre presente, con i ricordi dell’iniziazione nel mondo dei cercatori di funghi guidato da un padre giovane, forte, deciso. L’onore immenso di poter accompagnarlo per la prima volta. La complicità sin da piccolo con il fratellino, i pericoli insieme affrontati e superati, come l’ attacco delle api disturbate, del cane feroce oppure – e qui lasciamo per un momento lo scenario – le violenze incontrate a Genova, alla manifestazione del 2001.
A confronto al fratello minore che è rimasto nella casa di famiglia, nonostante l’esodo e abbandono generale intorno, Sandro che ha scelto di trasferirsi, per lavoro, a valle, si portava addosso la sensazione dello sradicamento, di inadeguatezza al mondo. Verso la fine dell’anno passato camminando nei boschi, sente invece di aver trovato il suo posto: “E’ il bosco con mio padre e mio fratello. Quando sono nel bosco con mio padre e mio fratello smetto il resto, è tutto fuori, persino dai pensieri. Non ho nemmeno pensieri. Potrei essere bambino, perché anche il tempo è fuori. Ma non sarà per sempre, ed è questo che fa male.”(149)
L’aspetto più straordinaria della lettura di questo libro, per me, è stato lo sguardo dell’autore: uno sguardo pieno d’amore al bosco come mondo vegetale, animale e umano che sia. Uno sguardo che cercherò di farlo mio quando entro la prossima volta in un bosco.