di Sara Garagnani
Al culmine della tragedia arriva il bisogno di scrittura, per rimettere ordine, per ritrovare il senso di ciò che potrebbe essere stravolto in maniera irreparabile e per sempre. Lo abbiamo sentito tante volte e ne abbiamo numerosi esempi, ma quello che Sara Garagnani fa merita la nostra attenzione per più di un motivo.
Prima di tutto ci aiuta sapere che con questa opera add editore inaugura un nuovo progetto curato da Matteo Gaspari, la nuova collana “Fumetti”. Perché la forma, con cui Sara Garagnani sceglie di raccontarci la sua storia, è fatta di testo e di immagini. Lei è illustratrice e art director, l’immagine è il linguaggio che usa nel suo lavoro e che qui fonde con i testi contenuti nei fumetti e nelle didascalie. Fin dalla prima pagina, anzi dalla prima tavola, possiamo cogliere che il registro scelto è quello del linguaggio poetico: un cielo del nord, un cielo svedese, in cui si apre uno strappo attraverso il quale la storia comincia a manifestarsi. I colori sono tenui e delicati, come le parole scelte per raccontare un difficile rapporto, un’eredità pesante.
Il libro racconta quattro generazioni di donne, la linea femminile che porta all’Autrice e di cui lei, consapevolmente, può raccontare in forma autobiografica solo la sua parte di storia. Tuttavia il suo vissuto ha radici profonde nelle vite di sua mamma e sua nonna, fin nella storia della bisnonna. Per non cadere nel falso, nel fantasioso, e dar comunque voce a questo passato, usa un interessante stratagemma narrativo: quando usa la prima persona per dar voce alla madre, lei è una bambina di 8 anni, che ha più domande che risposte, più dubbi che certezze con moltissime le cose che non sa, così come sono tante quelle che non capisce. L’Autrice si affaccia con delicatezza alla storia di questa madre-bambina, che si racconta anche con le forme e i colori, riferendo i pochi fatti noti e rispettando così l’autenticità di ciò che va narrando e, soprattutto, evitando di dare alcuna spiegazione. Con frasi come: “Forse i segreti sono fatti di una sostanza impalpabile, che ci inganna e ci confonde”.
È una storia che porta la nostra attenzione sulle violenze fisiche e psicologiche, che sono inferte ai figli, ed è una lettura che ci sorprende, perché ci costringe a una postura in cui il giudizio è assente. Sara Garagnani usa la lingua paterna per dare voce alla storia che, come recita il sottotitolo, è per le sue madri, di origine svedese. Una distanza necessaria, possiamo pensare, così come necessario è quello squarcio che si apre all’inizio del libro in un cielo plumbeo per mostrare la ferita e che, invece, svelandosi, apre allo spiraglio di una possibilità diversa.