RECENSORE: Giorgio Macario, .

Titolo: NEL SILENZIO DEGLI ADDII.

Autore: Duccio Demetrio

Editore: Mimesis (Milano)

Anno edizione: 2023

Pagine: 123

ISBN: 978-12-2230-092-4

di Duccio Demetrio

Nel ‘PREAMBOLO Per gli eventuali lettori’ Demetrio motiva la scelta di “abbandonare ogni scansione argomentativa ordinata” nel suo scritto a favore di un “metodo assai poco metodico”, citando l’ultimo “monumentale romanzo autobiografico” di Andrea Canobbio (“La traversata notturna, La nave di Teseo, 2022), nel quale si suggerisce “di scrivere se intendiamo ricordare a cuore aperto e con coraggio retrospettivo”. Ebbene, pochi minuti prima di accingermi alla lettura del testo di Demetrio, avevo appena chiuso l’ultima pagina del testo di Andrea Canobbio, dopo aver trascorso molte giornate immerso nella lettura del suo passato; ho potuto quindi apprezzare in modo particolare la chiave di lettura indicata da Demetrio con le parole “(Canobbio) ne riuscirà alla pagina 514 sicuramente esausto per gli addii ritrovati e tanto altro ancora, ma nella gioia che anche l’autobiografo più depresso ben conosce.”
Se il distacco, la perdita e l’abbandono rappresentano le principali tematiche che percorrono il testo di Demetrio, alla luce delle suggestioni filosofiche di Emanuele Severino -arricchite altresì da citazioni di teologi, poeti e poetesse, antropologi, scrittori e ‘scrittrici per diletto’, psicoanalisti e, naturalmente, altri filosofi-, il raccoglimento, la ricerca del silenzio e la scrittura autobiografica e poetica “rendono più sopportabili il dolore e lo sconcerto per gli addii”. E con questa sintesi della IV di copertina potremmo considerare esaurito il nostro invito alla lettura di questo 55° ‘piccolo taccuino’ che festeggia il decimo anno della collana ‘Accademia del silenzio’.
In realtà l’assenza -esplicitamente premessa dall’autore- di un filo conduttore nei sei brevi saggi che propongono al lettore “le questioni filosofiche inerenti all’addio, in una pluralità di risonanze e variazioni tematiche”, costringe ciascun lettore a fare i conti con la propria capacità di dire addio e con la convinzione suggerita dall’autore che “non ci resta che affidare soltanto ai silenzi pensosi e alla scrittura che li secerne i racconti degli addii.”
Per questo ritengo che in ciascuno dei primi cinque capitoli -che spaziano dalle voci degli addii al rapporto continuo con il tema della memoria, dal racconto e dalla scrittura dei ricordi nella riflessione autobiografica a questi stessi racconti che possono diventare fonte di meditazione e riconciliazione, fino alla scrittura come possibile ‘farmaco’ per la miglior comprensione degli addii-, sono i propri addii più o meno recenti che possono essere sollecitati dalle tracce proposte dall’autore. Ciò avviene mediante frasi, citazioni e ragionamenti che entrano in risonanza con i vissuti personali del lettore. Ed è nel sesto ed ultimo capitolo che il lettore incontra l’evocazione dell’addio formulato dall’autore in relazione alla conclusione del suo scritto: se non c’è stato un abbandono precoce e infastidito della lettura o una celere conclusione della stessa caratterizzata da un’attenzione svogliata a qualche passaggio e/o citazione, ci si ritroverà nella terza ipotesi auspicata “di una fratellanza durevole fra chi ha scritto e chi ha letto”, grazie ad una “lettura non frettolosa, silenziosa, meditata (anche nella non condivisione degli argomenti) [che] abbia lasciato un segno”.
Sono molti, infine, gli spunti lungo il testo che possono favorire specifiche riflessioni. Uno su tutti mi ha colpito in modo particolare e riguarda la convinzione dell’autore che “Ogni addio contiene in sé i motivi tanto dell’origine, degli inizi, degli esordi quanto quelli degli epiloghi: due momenti indissociabili l’uno dall’altro.” Questo connettere la fine con l’inizio viene anche rievocato nell’ultimo capitolo quando si legge “Gli addii, senza che se ne abbia coscienza, iniziano a vagire fisicamente in noi con la nascita.” Ed è proprio ripercorrendo gli addii più significativi (ad un cognato, ad un fratello, al proprio padre…) impressi nella mente durante la lettura che si può meglio comprendere quanto il silenzio sia importante per fare spazio alle riflessioni e che “potremo scoprire, con Severino […] quanto l’autobiografia ci aiuta a svelare gli eterni e l’eterno della nostra vita. Ecco il farmaco, il regalo, il messaggio il più sublime e incoraggiante dello scrivere di sé.”

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