Non solo un genere letterario

L’autobiografia è un genere letterario antico alla portata di chiunque sappia leggere e scrivere e voglia raccontare di sé e della propria vita, di quel che ha fatto, imparato, visto nel corso degli anni.
Oggi, l’autobiografia è stata riscoperta anche come metodo di formazione, poiché raccontandosi – indipendentemente dall’età – si apprende a documentare la propria esperienza al passato e al presente, a lasciare una testimonianza di sé agli altri, a scrivere con più motivazione, a pensare e a riflettere meglio.
La declinazione pedagogica dell’autobiografia annovera da oltre trent’anni studi ed esperienze internazionali, applicazioni nel mondo delle relazioni d’aiuto, del lavoro e della promozione delle culture locali e del benessere individuale, nonché nella scuola di ogni ordine e grado all’interno di programmi di educazione del pensiero e dell’intelligenza, delle emozioni e della reciprocità interculturale.

Un metodo autoformativo

Per questo è meglio definire l’autobiografia un metodo autoformativo che ciascuno, da solo o con l’aiuto di un educatore esperto, può sperimentare in prima persona: autocorreggendosi, autovalutandosi, scoprendo potenzialità narrative prima sconosciute e rivelando così le sue doti creative nascoste.
Per stimarsi di più, innanzitutto, per prendersi cura di sé, per costruire e accompagnare lo sviluppo e i cambiamenti della propria identità, approfittando della pagina scritta (di un diario, di un memoriale, di una lettera, ecc.) e, quindi, per conoscersi meglio.
Inoltre è ormai accertato scientificamente che lo scrivere la propria storia, esercitandosi quotidianamente, facendo di tanto in tanto un bilancio in certi passaggi e fasi dell’esistenza, educa allo sviluppo del proprio mondo interiore: stimola a ricordare, a concentrarsi, a ragionare a partire da se stessi, ad apprezzare la solitudine e la meditazione.

Dal particolare al generale

Poiché ciascuno di noi rispecchia il mondo e i mondi nei quali è nato e vive, scrivendo la propria storia si fornisce una testimonianza agli altri, non solo di carattere psicologico.
Ciò rende l’autobiografia interessante per lo storico, il sociologo, l’antropologo, lo psicoanalista i quali, studiando le scritture private, raccogliendole, analizzandole possono ricostruire contesti culturali, eventi, atteggiamenti umani, modi di sentire, di interpretare e di descrivere l’esperienza.
Il desiderio di scrivere la propria autobiografia se nasce pertanto come impulso assolutamente personale e libero, si trasforma in documento prezioso che colloca ogni storia e rappresentazione individuale della vita in un orizzonte più generale, in una comunità di persone ma anche in una comunità di pratiche, in una cultura locale, e non solo.

Un’attività filosofica

La scrittura di sé alimenta domande e interrogativi sul perché e come si è vissuto, perché si sono fatte talune scelte e non altre. Ogni autobiografo ha quindi modo di riscoprire i grandi misteri legati al senso della propria storia, che si ripresentano di fronte alle esperienze cruciali: l’amore, la gioia, la felicità, il dolore, la morte, ecc., di cui ogni autobiografia racconta.
Molti filosofi (Marco Aurelio, Sant’Agostino, Montaigne, Rousseau, e oggi Ricoeur, Derrida, Foucault, ecc.) non a caso hanno eletto l’autobiografia a strumento e via per cercare la verità, indagando la propria.
Religiosità e spiritualità laica si incontrano nel comune rispetto per la singolarità e l’irripetibilità di ogni vicenda umana proprio nel prestare ascolto ai racconti autobiografici.

Autobiografie e storie di vita

Benché sia necessario distinguere tra l’autobiografia (che implica sempre l’uso della scrittura nel racconto di sé e del proprio punto di vista) e le storie di vita (che possono essere costituite da racconti orali registrati o trascritti), rientrano nella metodologia autobiografica anche tutte le testimonianze personali di un’esperienza.
Ne consegue che il raccogliere storie per trasformarle in biografie come l’ascoltare soltanto un racconto ci forniscono descrizioni e osservazioni su come si vive o si è vissuto in un luogo, in un territorio, in una famiglia, in una scuola, in un’azienda, in qualsiasi situazione in cui gli esseri umani si siano scambiati racconti e abbiano appreso reciprocamente. E spesso è proprio a partire dal riscoperto interesse per la propria storia autobiografica che si sviluppa un rinnovate interesse biografico, orientato alla ricostruzione delle storie di vita altrui.

L’educatore autobiografo

Con questa denominazione si intende lo specialista in pedagogia e didattica che insegna a scrivere la propria storia e a raccogliere le storie degli altri.
E’ un mediatore di comunicazione che facilita lo scrivere, proponendo esercizi, giochi, esperienze creative di carattere narrativo; che raccoglie e riorganizza le testimonianze tanto dei bambini o degli adolescenti quanto degli adulti o degli anziani per conservarle e proteggerle, per riproporle in lettura; che accompagna – quando lavora nel disagio, con la vecchiaia, con l’handicap, con i giovani in difficoltà – e assiste, svolgendo una funzione di incoraggiamento e promozione dell’autostima.
Tale figura, riconoscibile in un docente, in un educatore, in un animatore, in un pedagogista ecc. si preoccupa anche di fornire, dove lo si richieda, interpretazioni non psicologiche ma filosofiche e pedagogiche sulle potenzialità, sugli stili di pensiero, sulle competenze cognitive, su quanto il soggetto potrebbe ulteriormente aggiungere e sviluppare raccontandosi, pure esplorando altre domande, linguaggi e modalità narrative.

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