L’ ottava nota è l’ io musicale e biografico
che rivela il nostro nome, ma alla fine:
quando tutto torna a tacere e trasforma in una canzone muta,
interiore, segreta chi siamo e abbiamo amato e nella memoria
d’ incanto riappare.
I racconti della nostra vita, i ricordi, i sentimenti trascritti nei linguaggi sonori e musicali appartengono ad una antichissima tradizione di scritture dell’io. Ben prima che il concetto di autobiografia venisse introdotto alla fine del ‘700. Amori appagati e radiosi, oppure, infelici e maledetti; drammi dell’ addio o incontri fatali vissuti nei trasalimenti della passione erotica sottratti o consegnati per sempre alle malinconie e alle nostalgie; e poi le narrazioni epiche, le ballate e le coralità popolari cui sono state affidate leggende da anonimi autori; e ancora saghe, epopee e poesie liriche rese cantabili e tanto altro ancora – pressoché da sempre -sono le testimonianze, tra sacro e profano, della presenza di un io biografico che seppe e saprà ogni volta rivelarsi una sorprendente anomala ottava nota. Scelta a piacere, incurante di ogni pentagramma. Sarà questa la firma che affidiamo ai suoni, all’udito, alle voci umane e strumentali alle quali, rapiti, non potevamo sottrarci tra passato e presente.
A una serenata, a uno stornello, alle leggende cavalleresche, trobadoriche, alle romantiche storie che assomigliano ancora alle nostre. Aedi, rapsodi, menestrelli, cantastorie – dunque non da oggi soltanto i cantautori ufficiali – sono stati e sono i custodi e i protagonisti di quegli io innamorati, ribelli, dissacranti, satirici, salaci e carnevaleschi, che non si accontentarono mai soltanto dei silenzi dei versi e dei fruscii delle penne. L’ottava nota è l’io musicale e biografico che rivela il nostro nome, ma alla fine: quando tutto torna a tacere e trasforma in una canzone muta, interiore, segreta chi siamo e abbiamo amato e nella memoria d’incanto riappare.
Quando t’inventi di esserne tu l’autore e ti fai ladro delle melodie e dei testi che ti assomigliano, mentre ti irrita non poco se quel che canti al mattino o sul far della sera ancora la chiamano “musica leggera”. Invece la sai grande, potente, memorabile. Sei tu, siamo noi, a musicare chi siamo e siamo stati grazie ai prestiti lontani e vicini. Innocui corsari. Tra stonature e note sbagliate, d’esse incuranti, ti si rivela quell’ottava, che nascondevi con cura. In ogni canzone che ci cattura, che riemerge dal tempo come sogni rimasti troppo a lungo a dormire, il filo del racconto si fa allora colonna sonora interminabile del nostro destino.
Nel segno della tua canzone, a chiunque altro inaccessibile che, però, ora cerca altre parole per raccontarsi.
Duccio Demetrio
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