Perché è qui che noi stiamo a raccontarci la vita come ci pare, su panchine sedute con lo sguardo per aria. Ogni tanto riposiamo i giorni sui pensieri distanti e ci incantiamo davanti a un gesto vicino. Nulla sappiamo di noi, per questo
allarghiamo il buio cercando nel silenzio del cielo quella calma che pare spettarci. Lì ci allontaniamo, ma poi è sempre qui che restiamo.
da La faretra di Zenone
Così come il termine linguaggio esprime qualcosa di più della nozione di lingua, accade non dimeno che la parola autobiografia evochi, non una, ma molte manifestazioni della narrazione di sé. Ci raccontiamo in prima o terza persona ricorrendo alle immagini, alle corporeità gestuali e mimiche, agli alfabeti musicali e drammaturgici, alle sceneggiature fotografiche e del cinema. Inoltre le sintassi e i lessici che raccontano le esperienze, i vissuti, le avventure e le disavventure umane – di conseguenza – non si avvalgono soltanto dell’uso delle parole declinate nei consueti registri letterari o poetici. Sono da accogliere tra i linguaggi autobiografici anche le espressioni del pensiero che i campi del sapere più diversi annoverano.
Troviamo così i linguaggi filosofici a ricordarci che scriviamo per conoscerci più in profondità. Nei quali i racconti della nostra storia vanno inseguendo il senso e possibili interpretazioni concettuali o simboliche del nostro essere al mondo. Scopriamo che le psicoanalisi danno voce al rimosso e ci aiutano a disegnare almeno i tratti delle nostre ombre se non i profili della memoria; oppure, che nei romanzi le trame che andiamo costruendo per cercare la nostra forma, sono il frutto di risonanze infantili mai più obliate così simili a quelle adulte. Ed ecco allora, e ancora, che i linguaggi autobiografici ci offrono variazioni sugli stessi temi che altri linguaggi intridono, non più solo di parole, ma di segni, suoni, silenzi, voci sussurrate o gridate, che ogni io alla ricerca di un sogno d’ amore affida oltre che alla penna, alla matita e ai pennelli, alle note e al pianoforte, al palcoscenico o alle coralità della vita, agli intelletti e ai versi dei poeti.
Direzione: Duccio Demetrio e Roberto Scanarotti
Segreteria organizzativa Festival: Alessandra Stanghini
Tecnica: Stefan Schweitzer
Ufficio Stampa: Daniele Gigli
Grafica e foto: Andrea Valbonetti
Consiglio Direttivo LUA: Stefania Bolletti, Caterina Benelli, Massimiliano Bruni, Elena Camerelli, Ludovica Danieli, Ivana De Toni, Giorgio Macario, Donatella Messina, Sara Moretti, Marisa Nardini
Segreteria LUA: Renato Li Vigni, Fabio Cecconi, Alessandra Stanghini
La commissione del concorso L’albero delle ciliegie, presieduta da Duccio Demetrio e coordinata da Roberto Scanarotti, è formata da Marilena Capellino, Mariangela Giusti, Natalia Cangi, Mariella Bo, Ivana De Toni, Rossella Safina, Maria Rosa Marchi, Ornella Mastrobuoni.
Il Festival è sostenuto da: Banca di Anghiari Stia, Busatti, le Vie di Anghiari.
Si ringrazia: Showroom Busatti, Archivio Diaristico Nazionale, Teatro di Anghiari. Tutti coloro che hanno contribuito alla stesura del programma, le volontarie e i volontari, presenza fondamentale affinché esso si realizzi.