Studiosi in campi disciplinari anche molto diversi fra loro hanno avvertito l’esigenza, negli ultimi decenni, di orientarsi ai problemi connessi alla “visualizzazione”, nella consapevolezza che il tipo di conoscenza e il contenuto cognitivo che prendono forma e possono essere trasmessi proprio nell’immagine producano un sapere che non può essere altrimenti raggiunto. Questa rinnovata attenzione (teorica, metodologica e storica) nei confronti del visuale, ha accompagnato una crescita esponenziale della produzione e del consumo di immagini a livello planetario, caratterizzando la nostra epoca cosiddetta “civiltà delle immagini”.
La nostra quotidianità, infatti, è dominata dalle rappresentazioni visive: ogni momento della giornata è attraversato da immagini che osserviamo con una lente, quella dei telefoni, della rete, che ci invitano a testimoniare la nostra presenza nel mondo documentando, sovente in modo frenetico, tutta la nostra vita. Un bisogno di “lasciare tracce” che risponde alla necessità odierna della cultura visuale che interessa le nostre esistenze.
Un’immagine che si fa parola, che prende forme diverse richiamando metodi e strumenti differenti per sostare su quel lavoro di cura e di consapevolezza di sé e del mondo generato dal processo autobiografico.
Anche il numero cinque della Rivista Autobiografie. Ricerche, pratiche, esperienze accoglie la seconda parte di un percorso di riflessione e di ricerca intorno a “I linguaggi dell’autobiografia”: numero che completa o, semplicemente, amplia il quadro dei linguaggi che affiancano, accompagnano e costruiscono i fondamenti della ricerca e la pratica autobiografica.
In questa sede, dunque, sono presenti contributi di autorevoli Autrici ed Autori che presentano aspetti dell’autobiografia con attenzione a questioni e a linguaggi altri, senza mai dimenticare la scrittura come dispositivo potente, solido e necessario per attraversare la propria vicenda esistenziale.
Nel numero precedente avevamo dato conto di alcuni dei linguaggi dell’autobiografia da un punto di vista teorico, nella pratica formativa e nella ricerca. In questa sede sono presenti altri contributi che compongono, assieme, un caleidoscopio, una trama di strumenti, strategie, posture di ricerca, esperienze che dipanano la poliedricità dei linguaggi possibili per narrarsi.
Anche il quinto numero apre le porte alla lettura nella prima parte della Rivista dedicata, come di consueto, alle riflessioni teoriche, attraverso un contributo di Duccio Demetrio dal titolo: Scrivere il proprio corpo. Autobiografia come vana ricerca dell’io. Qui la scrittura è intesa come specchio del nostro corpo, delle scelte e delle emozioni: come gesto e direzione dell’io; un impulso a lasciare traccia del nostro sé, così come ricorda Deridda.
Il successivo contributo teorico è scritto da Maurizio Disoteo su: Per una musicologia autobiografica dove l’Autore analizza il rapporto tra musica ed autobiografia a partire dall’avvincente tema della “colonna sonora” della propria vita, facendo riferimento a Proust all’interno della sua Recherche. Le parole e la musica per raccontarsi li ritroviamo anche nella musica pop, cosi come vedremo nella terza parte di questo numero della Rivista.
Tra le riflessioni sui linguaggi per scrivere di sé risulta interessante anche il contributo di Mariangela Giusti con un testo dal titolo: Diari di scuola di una madre maestra. L’Autrice compie un duplice lavoro critico: da una parte trascrive i diari scolastici della madre, Liliana Lensi, maestra nella provincia fiorentina durante il trentennio tra gli anni Quaranta e Settanta del secolo scorso, dall’altra la Giusti utilizza un registro autobiografico riflessivo, così come quello assunto dalla madre all’interno delle scritture riflessive di scuola.
Il contributo di Elsa Lechner, ricercatrice e studiosa portoghese di biografie e autobiografie, ci consegna un contributo su: Studi e pratiche (auto)biografiche creative: ricerca, formazione e dialoghi in rete. L’Autrice, coordinatrice della “Rede Internacional de Estudios e Praticas (Auto)Biograficas Criativas (RIEPAC)”, restituisce la necessità di dialogare a livello internazionale, interculturale e interprofessionale sulla questione auto-biografica valorizzando i linguaggi, le pratiche creative dei componenti e dei proponenti per poter approfondire tematiche che necessitano di sguardi e di punti divista diversi, aperti e creativi.
La seconda parte della Rivista, dedicata all’approfondimento di tematiche della didattica della Scuola della Libera Università dell’Autobiografia, sosta su due ambiti: il primo è il primo anno della scuola triennale Mnemosyne denominato Graphien dove l’Autrice Donatella Messina ci conduce nella magia della scrittura del romanzo autobiografico. La seconda sosta è curata da Roberto Scanarotti con un contributo sulla nuova proposta formativa promossa dalla Libera Università dell’Autobiografia denominata Nel borgo dei canta-storie: un corso di formazione all’utilizzo di linguaggi e metodi autobiografici per diventare operatori culturali della memoria. Si tratta di due contributi che accompagnano la lettrice e il lettore in angoli della formazione anghiarese scorgendone la bellezza, l’intensità, l’apertura dei linguaggi e, al contempo, la necessità di prendersi tempi e spazi attraverso percorsi indirizzati, sempre, a quella cura di sé come postura privilegiata e necessaria presente nella scuola anghiarese. (Editoriale)
RECENSORE: Caterina Benelli, .
Titolo: Autobiografie 5.
Autore:
Editore: Mimesis (Milano)
Anno edizione: 2024