RECENSORE: Giorgio Macario, .

Titolo: Con la penna in mano. Emozioni Riflessioni Ricordi

Autore: Stefanie Risse

Curatore: Anna Noferi

Editore: Equinozi ()

Anno edizione: 2023

Pagine: 255

ISBN: 978-88-98810-093

Emozioni Riflessioni Ricordi

di Stefanie Risse
a cura di Anna Noferi

 

Decine e decine di pagine scritte a mano, riprodotte nel testo ‘Con la penna in mano. Emozioni Riflessioni Ricordi’ (Equinozi  2023) e non se ne incontra una, non dico identica, ma neanche simile ad un’altra.
Basterebbe questo per ripagare lo sforzo delle curatrici del volume, Stefanie Risse e Anna Noferi, che da fondatrici del Circolo di Scrittura Autobiografica a distanza di Anghiari, ne festeggiano quest’anno, unitamente alla Libera Università dell’Autobiografia, il 25° anno di intensa e varia corrispondenza (postale…e non solo).
Ed è in questa coesistenza del nuovo (la scrittura al computer), del ‘meno recente’ (la stampa del libro) e dell’antico (la scrittura a mano) che si dispiega -come possiamo leggere nella quarta di copertina- questa “raccolta veramente particolare in cui contenuto e forma si completano a vicenda”.
La stessa “semplice domanda <Come mi sento con la penna in mano?>” che si pone all’origine di tutti gli scritti contenuti in questo volume, tanto semplice non è, perché accanto ad una partenza tutta centrata sull’attualità del prendere – oggi – in mano la penna e porre attenzione a ‘come ci si sente’, rimanda quasi subito ai tempi -ieri, ma anche l’altro ieri- che hanno visto chi scrive prendere in mano la penna, ma più spesso il pennino o la matita, per la prima volta e poi, utilizzarli via via, o diradare il loro utilizzo, nei passaggi dall’infanzia all’adolescenza e all’età adulta.
Vista poi l’impossibilità di restituire in poche righe una sintesi delle emozioni connesse ai ricordi e delle riflessioni degli oltre cinquanta autori che si incontrano nelle 250 pagine del testo, credo sia bene limitarsi ad alcune osservazioni corredate da brevi citazioni degli ‘scrittori a mano’.
Il privilegio di tenere una penna in mano risveglia in molti la meraviglia della scoperta, fa riaffiorare ricordi lontani di banchi, calamai, pennini e la faticosa gioia di possedere uno strumento potente che li ha accompagnati tutta la vita, e che ora più che mai permette loro di affrontare nuove sfide. (A scuola cominciavamo a scrivere nel quaderno a quadretti facendo le astine, prima dritte e poi in diagonale, precise nel quadratino, per abituarsi a fare segni precisi, che ci avrebbero aiutato a scrivere dapprima le vocali, poi le prime consonanti, sia minuscole che maiuscole e infine le parole. Avevamo imparato a scrivere. S.G., pag. 118)
Porta ancora a ricostruire attraverso ricordi o scritture lontane nel tempo, il proprio vissuto; cercando il filo rosso delle proprie scelte, la ragione o la comprensione delle gioie e dei dolori. (La scrittura a mano muove dal silenzio, chiama un pensiero che aspetta di essere ripreso riconsiderato restituendo a volte unità e identità. Perciò negli anni ho affidato con slancio e fiducia alla penna il succedersi mutevole della mia voce interiore dalle molteplici tonalità, fino a sfiorare con volo radente i nebbiosi territori dell’indicibile. M.L.P., pag. 196)
Capita, in tal modo, di cercare con la penna, piccola spada affilata, di combattere nuove battaglie, o creare con un inchiostro color desiderio, nuovi orizzonti da esplorare. (Quando ho la penna in mano per me è un’emozione totalmente diversa dalle altre, mi sento “libera” ed è come se tutti i muri che nella vita si creano, in questo modo crollino a terra. A.P. -12 anni-, pag. 197)
Per questo nutrito e variegato gruppo di costruttori di parole, la penna, che sia lapis o stilografica, è indissolubilmente fusa con la mano. È la mano il vero strumento del pensiero, la penna non è altro che una protesi necessaria. Tutti loro riconoscono l’utilità di tastiere, di tablet o computer, ma quando lo scritto si fa necessario, intimo e significativo solo la mano sulla carta bianca è in grado di reggere il peso di una penna con cui dare forma e consistenza ai propri pensieri. (Scrivo a mano perché le idee si incanalano giù per la testa e, lentamente, prendono forma e forza nelle vene, arrivano fino alle dita, danzano sulla carta, e rimane di loro, grazie all’inchiostro della penna. D.P., pag. 180)
Preziosi, quindi, diventano ai nostri occhi, gli scritti vergati a mano. Sappiamo che il significato di quei segni alfabetici non è la loro semplice decodificazione, quelle parole scritte a mano svelano molto di più. (Non è facile esprimere le proprie emozioni ticchettando sulla fredda tastiera d’un computer. Da giovane, quando scrivevo alla mia fidanzata, sul finale, alla parola baci, premevo il pennino ingrandendo il tratto come se il bacio inviato fosse davvero dato con tanto trasporto amoroso. F.T., pag. 235) (Se invece scrivo a penna, sulla carta, difficilmente correggo: sembrerebbe quasi che una mano sola sia più abile ed efficace delle due che saltellano sulla tastiera. R.S., pag. 228).
E per lasciarvi alla lettura di questa originale pubblicazione, concluderei con una citazione ‘antica’, di Kenko Yoshida che risale al 1300 ed è riportata da M.L.P. sempre a pag. 196 del suo contributo:
Nelle mie ore d’ozio, seduto davanti al calamaio, vado annotando giorno dopo giorno, senza alcun motivo particolare, ogni pensiero che mi passa per la mente, per quanto futile sia: è una cosa, questa, che mi procura una sensazione davvero strana, simile a una lieve ebrezza.

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