RECENSORE: Stefano Raimondi, .

Titolo: DI LAME E DI LATTE.

Autore: Elisa Barbieri

Editore: BERTONI (Perugia)

Anno edizione: 2022

Pagine: 90

ISBN: ISBN:978-8855354875

di Elisa Barbieri

Qui il guardare è un vedere

È sotto una mano sicura che la raccolta di Elisa Barbieri comincia la sua avventura.

Nella prima poesia dal titolo “Daimon scatenato”, l’autrice dichiara immediatamente il suo rapporto fisico, immaginativo e reale con la vocazione della scrittura, con il suo portarsi/spostarsi dentro le parole.

L’intero progetto scritturale di Elisa Barbieri è impostato verso un’attenta e concreta ricerca dell’andare poetando, inteso come un tentativo umano di trovare ospitalità all’interno di una dettatura, nella quale le parole, vanno a depositarsi come segni di esposizione esistenziale e non solo artistica.

Il percorso di questa scrittura si convalida e si sostanzia attraverso un vero e proprio cammino teorico che coinvolge l’aspetto autobiografico dell’intendersi e del comprendersi. Anche da un punto di vista speculativo la sua indagine perlustra il senso della poesia come il “fare” concreto di un interpretare il suo modo di stare al mondo.

La traccia scritturale dunque diventa qui postura, diventa qui testimonianza di un passaggio/paesaggio nell’universo delle cose, del reale ma anche, dell’immaginazione e del sogno.

Nelle sue poesie il Tu è sempre aperto a un dialogo potente, spasmodico e annunciativo. Infatti essa procede sempre nello scavo, nella trivellazione di una domanda che porta alla luce non una risposta, ma un’attesa, un silenzio, un dubbio che sapranno, insieme, condurla oltre il mero apparire del tutto.

Ci troviamo spettatori anche di un continuo perlustrare la memoria, gli affetti, le relazioni, in quanto saranno queste prospettive di indagine a diventare, per Elisa Barbieri, i luoghi dove depositare il decanto delle parole che da sempre ha saputo distillare.

La sua è una scrittura paziente, che sa porre in evidenza le alchimie dei desideri, le epifanie delle eredità, dando loro lo spazio necessario perché possano esprimersi nell’autenticità di un sentire sempre portato in attenzione. Allora il reale che la circonda diventa nei suoi testi un pre-testo per dire altro, per segnalare un mondo in grado di sfogarsi proprio laddove, la paura l’attanaglia e nello stesso tempo, la porta ad esporsi in ciò che più di esso ne riconosce la valenza.

Qui il guardare è un vedere.

Qui il sentire è un patire.

Nulla avviene senza che la contaminazione del pensiero, diventi indizio e indagine.

È una profonda auscultazione il suo dettato scrittorio.

Esso non si placa solo nel prendere e nel raccogliere dei dati dalla realtà, ma continua a perdurare nella domanda mediante un indagare profondo nel quale, le parole, diventano gesti, ordini, imperativi.

In questa poesia l’autenticità è davvero un occhio che viene visto, un taglio che viene procurato, un dolore che viene sentito.

E come in tutte le poesie il sotto testo velato, colmo di silenzio e di spazio germinativo, conduce ogni lettore verso un orizzonte d’attesa che si appresta, per risonanza, d’incontrare.

Già dal titolo possiamo intravedere due parole/termini che hanno un senso figurale opposto.  Due parole/caratteri che si combattono, che si pongono all’estremo di una espressività di senso che riverbera e avverte. Lame e latte: entrambi foneticamente vicine, identificano lo spazio estremo che le attraversa e che, insieme, le distanzia.

Si potrebbe traslarle in violenza e cura, paura e consolazione, disgiunzione e affetto.

Ma è qui il potere del dettato poetico: trovare nell’evidenza il lato nascosto di ogni cosa, ritrovando nel contempo, un’intimità comune che le sostiene, che le rimanda – come un riflesso da uno specchio all’altro – in una proiezione infinita e per questo irraggiungibile.

La sua scrittura, inoltre, si fa anche carico delle spaziature e dei vuoti che servono per separarla per un attimo, dal mondo: quello caotico, quello veloce, quello distratto, che irrefutabilmente la circonda e la minaccia.

Ma questa interdizione è un vuoto che sa di silenzio, in grado di capovolgere ciò che fa male in ciò che fa bene e, in questo tentativo di riscatto, la poesia diventerà un incamminamento, una viandanza.

In questa raccolta l’autrice si mette in ascolto, innanzitutto di sé e poi del mondo, imbastendo con il reale un dialogo serrato, ma anche una domanda, una perpetua interrogazione.

Ma nulla di tutto questo è confessione. Nessun elemento estetizzante o sentimentale percorre queste dichiarazioni del vero.

Qui ci troviamo di fronte ad un ascolto più che ad un parlare/riferire.

Di lame e di latte è la seconda raccolta di Elisa Barbieri.

Da qui, da questo tentativo umano di dirsi, si trovano parole che già hanno un forte ancoramento e sarà proprio attraverso questo punto, che il tragitto diventerà ancora più ampio, che gli incontri con le parole diventeranno ancora più intensi.

Ogni scrittura è un viaggio e la parola di poesia ama viaggiare con chi osa superare sempre le proprie colonne d’Ercole.

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