Storia e futuro della pioggia.
di Vincenzo Levizzani
La lettura delle due citazioni in esergo, la prima tratta dalla fonte inesauribile delle ‘Lezioni americane’ di Italo Calvino e la seconda dalla poesia ‘Pioggia’ di Federico Garcia Lorca riporta alla mia memoria l’incipit autobiografico di ‘Confesso che ho vissuto’ di Pablo Neruda, una citazione pressochè immancabile nei percorsi formativi della Libera Università dell’Autobiografia: “Comincerò con il dire, dei giorni e degli anni della mia infanzia, che la mia unica, indimenticabile compagna fu la pioggia. La grande pioggia australe che cade come una cateratta dal Polo, dai cieli di Capo Horn fino alla frontiera. In questa frontiera o Far West della mia patria, nacqui alla vita, alla terra, alla poesia e alla pioggia.” (Einaudi, 1998).
E anche per Levizzani la pioggia sembra essere stata a lungo una compagna di vita.d
Vincenzo Levizzani, laureato in fisica, è dirigente di ricerca presso l’Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima di Bologna e professore a contratto di Fisica delle nubi presso l’Università degli Studi di Bologna. E’ un fisico dell’atmosfera e climatologo che ha lavorato con importanti istituti di ricerca internazionali e con le maggiori agenzie spaziali e le sue aree di interesse principali sono la fisica delle nubi e delle precipitazioni, la meteorologia da radar e satellite e il telerilevamento, con particolare riguardo agli eventi estremi e ai grandi sistemi precipitanti. Subito prima della pubblicazione, pochi mesi fa, di ‘QUANDO FUORI PIOVE. Storia e futuro della pioggia’, sempre con il Saggiatore ha pubblicato ‘Il libro delle nuvole’ nel 2021 e il ‘Piccolo manuale per cercatori di nuvole’ nel 2022.
L’indiscussa professionalità dell’autore sembra quindi essere messa al servizio, particolarmente in questi ultimi anni, della passione per la divulgazione particolarmente su nubi e pioggia, come emerge, per fare solo un esempio, dalla conferenza scientifica divulgativa tenuta a Zurigo il 12 giugno scorso e organizzata dal Consolato Generale d’Italia a Zurigo e dall’omonimo Istituto Italiano di Cultura.
Gli interrogativi incessanti dinanzi ai quali fin dall’infanzia ci pone la pioggia sono esplicitati ed analizzati da Vincenzo Levizzani nel tentativo di svelare i segreti delle precipitazioni atmosferiche ripercorrendo il “cammino che abbiamo percorso dal mito alla storia e infine alla scienza (…) [perché] ci sono voluti millenni perché ci si rendesse conto che le precipitazioni (…) seguono le leggi della fisica, della chimica e anche della biologia.”
Guardare all’acqua che cade con occhi diversi e meno ostili viene assunto fin dal prologo del testo come principale finalità nel guidare il lettore a comprendere che “capire la struttura delle precipitazioni (…) significa (…) esplorare il meccanismo che sta alla base della vita sul nostro pianeta” e per questo viene approfondito in particolare il ‘ciclo dell’acqua’. “L’acqua sulla terra, infatti, -dice Levizzani- si trasforma in continuazione evaporando da oceani, laghi e fiumi per raggiungere l’atmosfera dove condensa nelle nubi. Le nubi producono le precipitazioni che scendono in forma liquida o solida riportando l’acqua nei laghi, nei ghiacciai e nei suoli. Da qui l’acqua completa il suo ciclo e riparte senza soluzione di continuità.”
Gli approfondimenti e le curiosità citate nel testo sono innumerevoli: riferimenti storici e suggestioni artistiche; dalla provenienza dell’acqua sulla Terra alla presenza di acqua nello spazio; dalle diverse tipologie di nuvole alle variazioni nelle precipitazioni che comportano, sotto forma di pioggie -anche ‘strane’-, di temporali, di neve o di ghiaccio.
Nel rispondere poi alla domanda “E’ tutta acqua quella che cade?” l’autore, dopo aver precisato che nelle nubi ci sono agenti biologici e inorganici, particelle e microorganismi, oltre a batteri e particelle di cellulosa che possono prendere parte alla nucleazione del ghiaccio, sottolinea come sia l’essere umano con le sue diverse attività ad iniettare enormi quantità di particelle che entrano nel ciclo dell’acqua, e conclude con una preoccupante constatazione : “Un esempio molto allarmante è costituito dalle microplastiche. Siamo abituati a considerare la loro esistenza nell’acqua del mare, ma sono anche sopra le nostre teste, nell’acqua che cade dalle nubi.”
Negli ultimi capitoli si succedono approfondimenti sulla meteorologia particolarmente centrati sulle scale spazio-temporali e sui cicloni -che non sono solo tropicali ma che si stanno estendendo anche sul Mediterraneo-; sui sistemi di misurazione della pioggia, ormai basati in gran parte su rilevazioni satellitari; sul ciclo dell’acqua che vede nelle precipitazioni un ruolo fondamentale, ma non l’unico degno di nota; sulle previsioni meteo che proprio con i cambiamenti climatici hanno visto le moltitudini di clienti, sempre più esigenti perché in preda all’ansia connessa all’incertezza, non accontentarsi del fatto che non ci sono certezze bensì stime dell’incertezza, e queste stime sono relativamente sicure in quanto alla loro quantità entro i tre giorni, anche se quelle di ‘nowcasting’ sono espressamente calibrate fra le zero e le sei ore.
In conclusione, relativamente ai cambiamenti climatici, l’autore pur riconducendo l’analisi ai dati oggettivi in nostro possesso (la temperatura media del Pianeta è già salita di 1,1° dal 1880 ad oggi, mai così tanto) che fanno prefigurare modelli climatici con temporali più frequenti ed intensi, zone secche sempre più secche -compresa l’area del Mediterraneo che avrà un clima sempre meno ‘mediterraneo’-, forti aumenti delle precipitazioni vicino all’equatore, aumento del numero e dell’intensità di siccità ed alluvioni, delineando così un quadro certamente cupo per il futuro dell’umanità, afferma: “Io però sono ottimista. (…) sono sicuro che l’uomo capirà quanto è preziosa l’acqua e che imparerà a farne tesoro.”