RECENSORE: Paolo Jedlowski, .

Titolo: Un lettore ci vuole. L’esperienza del Circolo dei Lettori ad Anghiari

Autore: AA.VV

Curatore: Lilli Bacci e Vittoria Sofia

Editore: Mimesis (Milano)

Collana: I quaderni di Anghiari

Anno edizione: 2025

Pagine: 176

ISBN: 9791222311630

 L’esperienza del Circolo dei Lettori ad Anghiari

Lilli Bacci e Vittoria Sofia (a cura)

Un lettore ci vuole è uno di quei libri che, una volta letti, si vuole conservare. Perché è ricco, senti che non lo esaurisci in una lettura, senti che ti servirà in futuro. Tratta con precisione un’esperienza definita, ma contemporaneamente ne rende palpabile l’alone.

Il tema risponde al desiderio di riflettere su e di far conoscere un’esperienza specifica (e piuttosto unica direi) quella del Circolo delle lettrici e dei lettori di autobiografie che è stato fondato 15 anni fa all’interno della Libera Università dell’Autobiografia di Anghiari. Comprende oggi quasi cinquanta persone. Con la crescita della scuola, lettrici e lettori sono aumentati mano a mano. Si sono dotati di momenti di formazione, hanno costituito incontri periodici fra loro, hanno messo a punto regole per la lettura (un lettore per ogni autobiografia, ogni autobiografia letta tre volte, con l’aiuto di un “vademecum” e di un “diario del lettore”), hanno messo in comune “griglie di osservazione” e modalità di rispondere agli autori (la “Lettera di restituzione”). Lo scopo della lettura non è emettere giudizi, ma restituire il senso di un ascolto, e commenti che eventualmente allarghino l’esperienza stessa di chi ha scritto (a volte spingendolo a scrivere ancora).

Come scrive una delle lettrici:

l’obiettivo […] non è quello di formulare un giudizio sull’autore e nemmeno una schematica valutazione del prodotto da lui realizzato. L’intento è riconoscere il percorso di consapevolezza maturato scrivendo di sé e, soprattutto, di offrire un contributo costruttivo per promuovere un ulteriore passo, approfondendo o rischiarando angoli ancora oscuri della vicenda autobiografica narrata (p. 85).

È un lavoro delicato. Implica rispetto, chiede cura, intelligenza, garbo. Fra autori e lettori si stabilisce una corrispondenza intima. Non si tratta di leggere ma di comprendere, e i due verbi non sono sinonimi. La comprensione implica, fra l’altro, la costante rimessa in gioco dei propri pre-giudizi. Non i pregiudizi, questo è ovvio, ma i pre-giudizi intesi come quelle teorie implicite di cui ciascuno di noi dispone e che l’esperienza della comprensione dell’altro sfida.

Il lettore può restituire all’autore l’impressione di qualcosa che manchi, la percezione delle rilevanze messe in campo, il suggerimento di ampliare un certo tema, l’invito a rendersi conto di quali parole sceglie, del tono che usa… sempre con garbo. Offrendosi come testimone attento, come qualcuno che ti ha ascoltato, ha fatto risuonare la tua voce dentro di sé, ci ha pensato; ha prestato orecchio al rapporto che dal testo si intuisce tra la tua scrittura e la vita a cui fa segno.

È in gioco un incontro con un altro, o un’altra. Come scrive Laura Boella, in una citazione così ben scelta che mi piace ri-citarla, è un incontro che

… ha una sua pesantezza, è faticoso, impegnato com’è a parare il colpo dell’esistenza dell’altro […]. Ciascuno ha la sua postazione, ed è giusto che la mantenga, ma lo stare di fronte all’altro non è neutro […]. Gli fa infatti da contraltare l’ingombro di sé, che, con i suoi spasmi, le sue illusioni, le sue cecità, fa resistenza a lasciarsi segnare dall’incontro… (p. 110-111, da L. Boella, Sentire l’altro, Milano 2006).

 

Difficoltà, o propriamente complessità, che spiegano perché sia opportuno non lasciare il Lettore solo di fronte a un testo autobiografico ma sia utile accompagnarlo in un percorso formativo” (p. 111).

Leggere di questa esperienza collettiva è utile, direi anche appassionante. Ma dicevo all’inizio dell’ “alone”: intendevo il mondo di questioni e di riferimenti teorici che da questa esperienza sono richiamati. Riguardano a volte l’esperienza di leggere in sé stessa, a volte il cosa sia in fin dei conti un’autobiografia, in altre ancora cosa possa significare in concreto “comprendere”. Sempre conservando il proprio punto di vista: quello del rapporto che con il testo instaura il lettore e che mira alla Lettera di restituzione (provvisoriamente) conclusiva. La quale è davvero preziosa: perché ogni scrittura ha “punti ciechi” (l’espressione è ripresa da Javier Cercas), i punti che forse più direbbero chi siamo, ma che l’autore è l’ultimo a sapere, e a ciò il lettore può supplire, con il suo sguardo da fuori, a volte di scorcio. Una supplenza mai affermata dai lettori di Anghiari: appena proposta. Ma certo nulla, mai, può venire detto “interamente”, e il lettore può scorgere meglio dell’autore di cosa si possa avvertire la mancanza.
Dall’insieme delle autobiografie raccolte possono svilupparsi altre ricerche. Il gruppo nel corso del tempo ha ampliato le proprie attenzioni. Come si scrive a p. 43:

il Lettore è un ricercatore sociale che possiede strumenti per raccogliere dati rappresentativi delle trasformazioni nella scrittura autobiografica nel tempo.

Il che è interessante di per sé (i testi autobiografici sono il precipitato di tendenze culturali e contemporaneamente ne sono indicatori). Ma non c’è solo questo: le autobiografie sono una miniera di informazioni sui cambiamenti sociali e materiali, organizzazioni, modi di vivere, modi di amare, persino su quelli che chiamerei i “cambiamenti di umore” di una società, o di certi suoi segmenti. Sono uno straordinario luogo di osservazione dello “spirito del tempo”.

Qui il lavoro di questo gruppo di lettrici e di lettori si affianca a quello dei gruppi di studiose e di studiosi che, negli ultimi decenni, hanno sviluppato quelli che si chiamano oggi gli “approcci biografici” alla ricerca sociale. Tratta le stesse fonti, incontra problemi analoghi: con chi fa interviste narrative biografiche da sociologo, storico o antropologo può scambiarsi molto. Si può studiare insieme.

Ma non è solo una questione di studiare. Un lettore ci vuole? Sì. Però nella frase che dà il titolo al volume sento una risonanza molto ampia. Una volta un poeta ha scritto:

La cosa importante nella vita è disporre di un interlocutore. Si vive per raccontarlo, in funzione di un destinatario (M. Delibes, Cartas de amor de un sexuagenario voluptuoso, 1983).

Se si vive per raccontarlo, il lettore incarna il destinatario del racconto. Non sarà quello o quelli a cui l’autore avrà pensato (più e meno implicitamente), ma lo rappresenta. Presta ascolto e questo ascolto è sempre ciò che una voce attende. Il lettore è concreto. E risponde. Testimone di un testimone della vita. (Io credo che uno, da solo, non si basti).

Oltre ai diversi capitoli delle curatrici, il volume ospita saggi di Antonio Prete, Duccio Demetrio e Daniele Garritano, interventi di Bruno Avataneo, Carmen Ferrari, Sara Bennati e Francesca Colao, e testimonianze di Paola Cagol, Barbara De Luca e Anna Cappelletti. A tutti un grazie.

 

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